Murasaki (ヒ越壱)
Giappone, era Heian, 1008 ぁぅ右右
Madama Shikibu posò una mano sulla guancia per contemplare le stelle, che erano più luminose del solito in quella giornata di agosto.
Dalla luna piena stillavano gocce di luce fosforescenti, che cadevano sui petali dei crisantemi. Sulla carne latticinea tremavano le gocce di rugiada; si diceva che fossero le lacrime di un dio innamorato, in attesa di una mortale che non sarebbe mai arrivata, forse perchè uccisa dal consorte per gelosia; forse perchè tentata dalla sottile crudeltà delle meretrici; forse perchè punita dagli spiriti maligni.
Sin da bambina, Murasaki si divertiva ad inventare storie su quella fantomatica divinità e nel cervello navigavano le domande sul finale mai svelato. Dal padre non aveva ottenuto niente, a dispetto del profondo legame che avevano intessuto nel corso degli anni. Egli aveva letto solo i classici cinesi e non storie nate dall'irreale, dal cuore di chi ama l'irragionevole
Così, la giovane aveva fatto capolino nell'arte delicatamente, senza rivelare le sue conoscenze sulla terra delle lanterne rosse, ma dipingendo il cuore sui lunghi rotoli di pergamena che aveva sempre davanti. Fino ai venticinque anni, nella sua casetta immersa negli alberi di ciliegio, aveva sfogliato poemi e scritto le sue sorti, finché il matrimonio non aveva interrotto la ruota della quotidianità, finché il primo vagito di un bambino non aveva risuonato in una stanza.
-Posso esservi utile in qualcosa, Murasaki-san?- il corpo chino di Sayaka si muoveva appena, a causa degli affanni di tutta una vita dove i minuti scorrono via e si mischiano al sudore e alla polvere. A dispetto di ciò, la donna serviva con passione la sua signora, facendo in modo che non le mancasse nulla, neanche l'ennesimo kimono viola che ogni giorno fungeva da ultimo strato sul suo junihitoe. Non voleva che nessun domestico la toccasse. Solo lei poteva pettinare i liscissimi capelli d'inchiostro striato d'indaco. Semplice fedeltà da monogatari? Esagerazione tipica di un'autrice di nikki? Oh no! Sayaka era davvero una gran donna: onesta, amorevole e fedele.
-No, grazie. Non ho bisogno d'altro.- replicò la scrittrice, sorridendole. Se voi lettori avevate un occhio fine, potevate scorgere in quella delicata manifestazione di riconoscenza i denti dipinti di nero, al giorno d'oggi un trucco non attraente.
-Ne siete sicura?- chiese la servitrice, bevendo l'occhio nocciola della dama di corte, sempre tinto di malinconia.
Shikibu non parlò, non pensò a nulla per un po'. La debole luce della candela rischiarava le parole del capitolo che stava scrivendo. Doveva mandare via Sayaka? O farla rimanere? Genji monogatari era importante per lei, ma....
-Siediti vicino a me.- disse
Ci fu un istante di quiete, poi i ginocchi della serva che sfiorarono la veste dell'artista, infine l'odore di gelsomino esalante dalla pelle raggrinzita di Sayaka.
-Sai, sto scrivendo l'ultimo capitolo di Genji. È la storia di un principe che cerca continuamente l'amore. Non è un banale amore, ma l'amore di una donna che assomigli a sua madre, in tutto e per tutto. Dai modi eleganti, alla voglia di vivere, spenta dai pettegolezzi delle altre dame di corte.- spiegò Murasaki, spiegando la pergamena davanti agli occhi della servitrice.
-E questo amore verrà trovato?-
-No. Non importa quante donne amerà, tanto non riuscirà a trovare sua madre.-
-Allora è una storia triste....- mormorò Sayaka, pensando alla sorte infelice di Genji.
-Non è vero- la rassicurò Murasaki- Genji il luminoso, anche se non avrà un amore vero, possiede molte altre cose: cultura, sensibilità, empatia, bellezza e desiderio di libertà. Nel mio libro, affronta gli intrighi di corte con coraggio, senza farsi scalfire da nessuno.-
-Da quello che dite, ho inteso che si può vivere senza amore- osservò la vecchia.
-Non è necessario avere qualcuno a fianco per affrontare la vita, il Nemico e Amico di tutti.- replicò Murasaki
-Io l'ho capito dopo la morte di mio marito. All'inizio ho pianto e sofferto molto, come è giusto che sia. Mi sono sentita sola, abbandonata, ma scrivendo questo libro, ho trovato la felicità. Servendo l'imperatrice, ho trovato la luce in fondo al mio dolore! È stato come ritornare la me bambina che amava inventare storie e suonare il koto nei giorni di festa. Non mi sono mai sentita più libera. Io non ho architettato queste vicende per essere osannata da sconosciuti, ma per creare un amico simile a me. Adesso mi dispiace finire la storia, ma devo lasciare andare i miei personaggi. Se vuoi, puoi osservarmi mentre scrivo.-
Sayaka tacque, osservando la sua padrona intingere il pennello nell'inchiostro. La mano di lei, delicato alabastro d'occidente, danzava sinuosa nell'aria, un vapore impercettibile che sapeva di eucalipto.
Dal di fuori, le cavallette cantavano e i monaci recitavano i sutra.
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